GABRIELE BOLLETTA: “IL BEPPE VIOLA E’ IL TOP: UNA DELLE ESPERIENZE PIU’ BELLE DELLA MIA VITA”

adminBeppeviola 10/04/2014
GABRIELE BOLLETTA: “IL BEPPE VIOLA E’ IL TOP: UNA DELLE ESPERIENZE PIU’ BELLE DELLA MIA VITA”

a cura di Massimo Confortini

Sono passati quasi tre anni da quel 19 giugno 2011: una data diversa dalle altre per chi faceva parte di quella Totti Soccer School, capace di firmare un’impresa unica, e di vincere uno dei “Beppe Viola” più incredibili di sempre.

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Bolletta insieme a Capodiferro e Castro al termine di una delle gare del Beppe Viola

In quella squadra, partita per godersi il torneo senza la minima aspettativa di successo, arriva in prestito Gabriele Bolletta, estremo difensore che aveva disputato il campionato dei Giovanissimi Provinciali con l’Ostiantica. Catapultato in mezzo ai big, si tramutò in meno di un mese in eroe, trasformandosi in muro di gomma contro big assolute del calcio laziale e trascinando i suoi compagni alla Finalissima. E lì il trionfo si completò contro il Frosinone di Coppitelli, gara che nel suo epilogo vide anche il riconoscimento di miglior portiere della manifestazione per Gabriele.

Tre anni, dicevamo, ma parlando con quel portiere che sembrava un muro, sembra di poter rivivere quelle emozioni come se fossero state vissute due o tre giorni fa: “Avevo disputato il torneo Provinciale in quella stagione” – esordisce Bolletta – “e mi trovai a giocare, improvvisamente, in gare con tutt’altro ambiente, tutt’altra tensione e con avversari di livello altissimo. Il gruppo però era grandioso, e mi aiutò immediatamente nell’inserimento. Ricordo ancora il giorno della sfilata: arrivai al campo e non conoscevo nessuno, ma l’inaugurazione fu uno spettacolo incredibile. Un’emozione bellissima“.

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foto di gruppo con la Champions League del calcio giovanile

Bolletta ricorda con grande enfasi quei giorni: Ci presentammo ai gironi con la voglia di far bene, ma senza aspettative di vittoria finale. Nonostante un buon rendimento riuscimmo a passare soltanto grazie alla differenza reti. E da lì abbiamo affrontato la seconda fase senza niente da perdere, provando ad andare più avanti possibile, ma con grande serenità”.

Già dagli ottavi un ostacolo tosto come la Viterbese“Leggemmo su Sportinoro un’intervista nella quale il loro tecnico (l’ex calciatore di Serie A Conticchio ndr) quasi snobbava l’incontro. Ci avevano battuto in campionato, e quindi pensavano forse di passare il turno agevolmente. Questa cosa ci caricò moltissimo nel pre-gara”.

Ed infatti la partita risulta tutt’altro che scontata: 1-1 nei tempi regolamentari, i calci di rigore rappresentano l’epilogo più giusto. E lì comincia la “favola nella favola” di Gabriele Bolletta, che respinge due penalty che permettono alla sua squadra di passare il turno.

Ma la vera svolta avviene ai quarti di finale, quando l’avversario è ancor più importante: “L’Atletico Roma era una squadra che aveva giocato i campionato professionistici in quella stagione. Prima di quella partita, però, ci guardammo in faccia nello spogliatoio e ci convincemmo di poterci giocare le nostre carte. E minuto dopo minuto ci accorgemmo che la differenza di categoria non si notava. Ce la giocammo alla pari con loro. Fu quella la scintilla decisiva.”

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uno dei quattro rigori respinti da Bolletta tra ottavi e quarti di finale

Ancora una volta c’è bisogno dell’appendice dei calci di rigore: qui, se possibile, Bolletta fa una figura ancor più impressionante, non subendo neanche un gol dal dischetto: “Parare i rigori è un talento che fortunatamente mi porto ancora dietro: quest’anno con la Juniores della Lupa Roma ne ho parati altri due, l’ultimo un paio di settimane fa in una gara mozzafiato con l’AnziolavinioIn questo fondamentale ci vuole molta tranquillità, bisogna sapere che la pressione è maggiore per chi tira“.

Intanto il torneo entra nella sua fase più appassionante: la Totti S.S. firma un’altra impresa eliminando l’Urbetevere in semifinale, e si presenta da assoluta outsider alla Finalissima. E qui ritorniamo a quel famoso 19 giugno 2011: “Quel Frosinone metteva paura: un tecnico importante come Coppitelli, un attaccante come Torri, che poi passò al Parma, e una squadra che sembrava senza punti deboli. Noi eravamo agitatissimi prima di entrare in campo, ma in fondo eravamo consapevoli di poterci confrontare con loro, con grande mentalità. Certo che però, quando il Frosinone passò in vantaggio per un attimo pensai: “Questi ce ne fanno quattro!” (ride). Per fortuna Furfaro pareggiò subito su punizione, e riuscimmo a rimanere attaccati alla partita”.

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Gabriele Bolletta premiato da Raffaele Minichino e Serena Di Ceglie come miglior portiere del torneo

Partita appassionante fino alla fine, ma proprio ad un passo dai supplementari… “Proprio mentre cominciavo a pensare di poter affrontare nuovamente i calci di rigore, Valerio Martinelli rubò palla al limite dell’area avversaria, si presentò davanti a Saccucci e lo infilò sul primo palo con un gol incredibile. Ricordo poco di quei momenti, solo alcuni frammenti, ero come ubriaco di felicità. Lui riuscì a non correre, a rimanere lì, quasi immobile, mentre noi intorno impazzivamo di gioia. Ricorderò quegli attimi per sempre, e mi emozionerò sempre al solo pensiero. E’ stata una delle esperienze più belle della mia vita. Mai vissute così tante emozioni, così tanta adrenalina in un arco di tempo così ristretto: penso che il “Beppe Viola” rappresenti il Top. Un altro ricordo bellissimo che porterò sempre con me è quel clima splendido che si creò nello spogliatoio. Siamo tutt’ora molto amici, e quell’unione di intenti, quell’amicizia che si stava creando, riuscì a sopperire al divario tecnico con squadre sicuramente più blasonate”.

In quest’avventura, però, ebbe un ruolo fondamentale Vincenzo Orlandi, che in quella squadra ebbe una parabola curiosamente simile a quella del suo estremo difensore: “Durante il campionato la squadra era allenata da Ponziani, ma in quel “Beppe Viola” ci guidò mister Orlandi. Penso sia uno degli allenatori più preparati che mi abbia mai allenato. Riusciva ad infonderci tranquillità, ma allo stesso tempo ci caricava a mille per ogni partita. Sapeva esattamente come agire, e anche dal punto di vista umano ci diede tantissimo in quel mese. Ricordo un aneddoto divertente: nella semifinale con l’Urbetevere ci fece riscaldare su una porzione di campo ridottissima, visto che con l’Atletico Roma aveva portato bene: una scaramanzia che confermò i suoi effetti benefici. Mi spiace che dopo quel torneo non sia stato confermato dalla società, ma ripensandoci fu il finale perfetto per quella favola: lasciare da vincente, quasi come se trionfare in quel torneo così importante con lui in panchina fosse stata una decisione del destino“.